L’Oleificio Costa
Quel che ne resta…
L’archeologia industriale è lo studio di testimonianze del passato del processo di industrializzazione del territorio in cui sorgono, oltre alla storia affascinante che le rappresenta, la loro architettura stupisce per la loro immensità.
Oggi con il nostro racconto e i nostri scatti, speriamo di poter stimolare la curiosità nel perlustrare questi siti abbandonati e la bellezza che essi esprimono.
L’immensa cittadella industriale, nasce nel 1932 per mano della famiglia Costa, già nota per la produzione di navi da crociera, la quale decise di avviare nel nostro sud Italia una delle tante industrie dell’olio. Commercianti di famiglia, costruirono la loro forza economica con l’impiego e l’abnegazione al lavoro, dal capostipite sig. Andrea Costa e a seguire i suoi discendenti per circa 15 anni.
Fu’ una delle aziende più innovative nella sua costruzione, per l’impiego di materiali nuovi e leggeri ma che resistevano al maestrale e lo scirocco, non a caso l’abbiamo chiamata città, perché all’interno c’era uno spaccio aziendale, un pronto soccorso, una chiesa e gli appartamenti dei capi.
Fu una delle prime aziende con l’ideale di preservare il benessere dell’operaio, perché favorirono il vitalizio ai pensionati per integrare le loro misere pensioni INPS.
Oggi ritroviamo solo i resti di un bombardamento aereo, o meglio di una guerra nucleare.
L’opificio produceva olio di oliva e di semi di ottima qualità che esportano per lo più in America, che seppero pubblicizzare nei primi Caroselli con testimoni di spessore (Peppino De Filippo, Sergio Tofano e la coppia Panelli-Valori).
La loro produzione vantava una lavorazione all’avanguardia per l’epoca, per la raffinazione della sansa e del vinacciolo, i loro marchi “Dante” e “Oio” erano i fiori all’occhiello dell’azienda. Ma nella seconda metà degli anni ‘70 gli affari iniziarono a prendere una brutta piega. Purtroppo diventava sempre più difficile gestire i diversi rami dell’azienda. I vari componenti della famiglia, impegnati nei punti nevralgici della grande industria, non riescono più a gestire le eccessive operazioni bancarie e finanziarie. Il colpo di grazia, la notizia di due incidenti mortali per due sfortunati operai a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, portò alla cessazione dell’attività olearia nel 1984.
L’industria fu acquistata da una società calabrese che fondò “il gruppo oleario italiano”, riassorbi parte degli operai e rilancio l’attività dell’azienda tra gli anni ‘80 e inizio ‘90, specializzandosi nella raffinazione di oli provenienti dalla Grecia, Spagna, Tunisia, rivendendo a grandi aziende (Carapelli, Star, Monini, Dentamaro).
Negli anni 90 arriva il fallimento che porta l’azienda nelle mani di un curatore, e gli operai in cassaintegrazione.
L’industria viene Abbandonata.
Nel 2006 la Regione Puglia stanzia 10 milioni di euro per l’intervento di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica del sito a rischio ambientale per la presenza di amianto, che ad oggi non c’è certezza siano stati portati a termine.
E nell’ ottobre del 2010 l’intera area urbana viene messa sotto sequestro dai militari della finanza per violazione di materiale igienico-sanitaria e tutela della salute pubblica.
Ad oggi resta un cartello appeso dietro il cancello che indica la società committente per i lavori di sanificazione e l’inizio lavori al 07/03/2016 e la conclusione al 27/05/2016, ma la nostra personale impressione dopo l’esplorazione, mai iniziati.
L’archeologia industriale dà un volto ad un luogo del passato che ha fatto la storia del nostro presente, sepolto e sigillato nell’eternità della polvere
Autori: Valeria – Antonio – Marco – Mimmo